…abbasso il cambiamento.
Mai come in questi giorni l’Italia appare un paese paralizzato all’idea di cambiare.
Al di là della scelta del nome del Presidente della Repubblica (Rodotà, Marini, Prodi, Bonino… etc…), ciò che spaventa è che l’Italia non sembra incline al cambiamento. Non parlo di rivoluzioni, mai più corrotti, condannati fuori dal Parlamento, cittadini nell’istituzioni, ecc… Parlo di cambiare le carte in tavola, trovare nuove soluzioni o nuove risposte agli stessi problemi. Thinking out of the box dicono gli anglosassoni.
Non ci si sa accordare sul nome del Presidente della Repubblica: si propone Napolitano, un signore di 88 anni a cui gli si accolla la teorica responsabilità di vivere per altri 7 anni. Non si trova un nome come Presidente del Consiglio? Già ci si accorda per Giuliano Amato, un signore che è un pensionato di 75 anni (pensionato d’oro, vabbè…) che era al Governo quando io ancora non ero entrato nella pubertà, al massimo mostravo un simpatico “baffo di cane”, insomma diversi lustri prima che i peli invadessero copiosi ogni centimetro del mio corpo. Preistoria ecco.
La famosa gerontocrazia….
Direte: ma i parlamentari o i politici non sono cittadini comuni, vogliono mantenere lo status quo, la poltrona.
Ma noi, gente comune, siamo bravi a cambiare? Quante volte non abbiamo cambiato lavoro per paura che il nuovo fosse troppo stancante, o meno sicuro della misera attività attuale? Quante volte abbiamo scelto di risolvere un problema di vita quotidiana allo stesso modo senza curarsi della conseguenze, solo per mantenerci fuori da qualsiasi implicazione. Quante volte abbiamo fatto autocritica sul nostro modo di comportarci? Quante volte abbiamo visto le cose solo dalla nostra prospettiva?
TU sai cambiare?
penso che la gente comune cambia solo se spinta da un reale bisogno. Non si decide di cambiare, si è costretti a cambiare. Bisogna toccare il fondo o trovarsi senza nulla per trovare la forza necessaria ad affrontare il cambiamento. La gente comune possiede una grande capacità di sopportazione alimentata da un terrorismo mediatico che rende il futuro oscuro e incerto. La forza per affrontare il cambiamento è data dal crescere della propria insoddisfazione personale ma soprattutto, a mio avviso, dal senso di comunità e partecipazione. Non facciamoci fregare, rimaniamo uniti, diamoci coraggio e forse riusciremo a cambiare!
Giusto, ma la mia domanda era proprio questa? Se noi – gente comune – non cambiamo se non sotto una “spinta” dovuta “al reale bisogno”, come possiamo pretendere che la classe politica non abbia paura del cambiamento ed eviti di risolvere le situazioni commentando con le stesse parole in politichese e agendo con i famosi “inciuci”?
è la famosa storia delle corna fra asino e bue.